giovedì 17 aprile 2014
L'ultima cena di Philippe de Champaigne, 1652, Parigi - Louvre
É un'opera molto importante per diversi motivi: non solo per il livello della qualità pittorica, ma anche e soprattutto per l'intensità spirituale che è in grado di comunicare. Realizzata per l'altar maggiore del celebre convento cittadino di Port-Royal des Champes, un centro spirituale di grande importanza che in quel periodo si trovava al centro di polemiche. La disputa era nata perché i Gesuiti avevano accusato la comunità religiosa di avere simpatie gianseniste mantenendo contatti con gli ambienti calvinisti di Ginevra, quindi di non credere alla presenza reale di Cristo nell'eucarestia e di comunicarsi poco. La risposta del pittore fu evidente: Port-Royal proclamava la fede nel mistero eucaristico, esibendo sull'altar maggiore della propria chiesa questa superba rappresentazione dell'Ultima Cena, in cui Cristo al centro sta riproponendo il gesto consacratorio del celebrante. Sullo sfondo di un drappo scuro, che crea un clima serio e cupo, il pittore realizza una composizione caratterizzata da colori chiari, vivi, assai gradevoli alla vista.
Tre al centro con la brocca: l'artista, discostandosi dalla tradizione iconografica precedente che aveva privilegiato nella raffigurazione il momento dell'annuncio del tradimento, qui preferisce concentrarsi sul momento culminante dell'istituzione del sacramento. Così, vediamo raffigurata sotto la tavola anche la brocca, con cui, nello stesso contesto della cena, Gesù lava i piedi ai discepoli per riassumere la sua vita nel segno del servizio. Un tocco di alta qualità è poi questa raffigurazione della tovaglia, pulita e ben stirata: un richiamo molto femminile, a quella tovaglia che certamente le monache disponevano con cura sull'altare della loro chiesa. Notevole è il motivo insistito delle pieghe a forma di croce, una chiara allusione al mistero pasquale riassunto dall'Ultima Cena.
A destra: il gruppo dei 12 reagisce. Li vediamo sorpresi, dubbiosi, meravigliato per le parole di Gesù e per la portata dei gesti che sta compiendo: non capiscono il perché di questa oblazione fino alla fine. Ce lo dicono i dialoghi degli sguardi, le torsioni dei corpi, il gesticolare delle mani.
Gesù sta dicendo e facendo questa cena per loro, per far comprendere che questo atto d'amore è per tutti, per ogni uomo. Ecco la diversità delle reazioni: ciascuno con la sua personalità, il suo stile è chiamato a partecipare all'evento. Gesù offre gratuitamente il suo pane come proposta di vita per chi si dispone ad accoglierla. Il discepolo a destra, girato di spalle, è posto come noi al di qua della mensa per indicarci il gesto di Gesù, per indirizzarci a lui.
A sinistra: dall'altra parte del tavolo, seduto lui pure con noi al di qua della tavola, si impone sugli altri la figura di Giuda in primo piano. Il sacchetto con i soldi del tradimento, la gamba protesa in avanti come in gesto di sfida, la mano fieramente posata sul fianco stanno a dirci la distanza abissale, la radicale opposizione della sua logica rispetto a quella di Gesù. É l'unico che sciupa con il braccio l'armonia della tovaglia, creando delle pieghe.
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