giovedì 9 gennaio 2014
Nelle ciliegie l'amore e la passione di Gesù
Forse si era all’inizio dell’estate quando la sacra famiglia fuggì in Egitto, perché il Barocci, artista urbinate del XVI secolo, nel suo «Riposo durante la fuga in Egitto», oggi ai Musei Vaticani, ritrae San Giuseppe mentre porge al Bambino un rametto con due ciliegie. Le ciliegie, però, appaiono in diverse opere d’arte e non certamente connesse alla frutta di stagione com’è nel caso, ad esempio, delle ultime cene, dove la ciliegia fa bella mostra di sé sulla mensa, davanti al Cristo e agli apostoli.
Tutto questo ci induce a comprendere che le ciliegie sono simbolo evocativo di altro.
Nell’opera di Federico Barocci a ben guardare, tra san Giuseppe, il Bambino e la Madonna si scatena un linguaggio di gesti che, se sfugge a noi spettatori spesso distratti, non sfugge all’asinello ritratto sullo sfondo della scena, tutto intento a guardare la sacra Famiglia. L’asino del resto, non è solo la probabile cavalcatura dei tre fuggiaschi, ma è un simbolo che ci rappresenta. Nei presepi è l’immagine dei pagani che, grazie a Cristo, sono liberati dalla soma del peccato.
Rosso, come la passione che Gesù dovrà affrontare (e di cui il viaggio in Egitto è solo un inizio) è il mantello di san Giuseppe, rosso come il frutto che porge al Figlio. Gesù sorride e se con il braccio coperto dalla camicia, prende il frutto dal padre, con l’altro, nudo, porge le ciliegie alla madre. Il Bambino è colto nell’atto di liberarsi da quel lino che lo avvolge, rimando al telo sindonico che lo avvolgerà un giorno dopo la passione e che sarà testimone della sua risurrezione.
Le ciliegie, per la loro forma simile al cuore e per il loro colore, sono simbolo dell’amore del Cristo e del suo sangue versato sulla croce, che il seme del frutto simbolicamente rappresenta.
La ciliegia, succosa e dolce, è anche riferimento al frutto dell’albero dell’Eden che aveva ucciso Adamo ma che ora, grazie all’Incarnazione del Cristo, si trasforma in frutto di vita per gli uomini.
La ciliegia, succosa e dolce, è anche riferimento al frutto dell’albero dell’Eden che aveva ucciso Adamo ma che ora, grazie all’Incarnazione del Cristo, si trasforma in frutto di vita per gli uomini.
La Madre, che veste di rosso e blu, colori delle due nature - umana e divina - del Verbo, volgendosi idealmente verso di noi, appoggia una ciotola d’acqua limpida al suolo. Il gesto allude ai testi apocrifi che narrano di sorgenti miracolose scaturite per dar da bere alla sacra famiglia nel viaggio verso l’Egitto (o di ritorno da esso), ma rimanda anche, proprio nella ciotola d’acqua, al Battesimo che, quale frutto della passione di Cristo (le ciliegie appunto), ci salva dal peccato e dalla morte.
(fonte: rubrica Dentro la bellezza, a cura di Maria Gloria Riva, quotidiano Avvenire, 9/01/2014)
mercoledì 1 gennaio 2014
martedì 31 dicembre 2013
Te Deum laudamus!
Questa sera, come ogni anno, in tutte le chiese cattoliche del mondo verrà cantato il Te Deum per ringraziare Dio per l'anno appena passato. Un inno che risale al IV secolo, ma che mantiene intatto anche ai nostri giorni il suo fascino e la sua capacità di commuovere. Il vero significato del Te Deum laudamus, certamente inno di ringraziamento per l'anno trascorso, ma soprattutto, come dice il primo verso, di lode al Creatore perché esistiamo, qualunque sia la qualità della nostra vita.
Oggi, ultimo dell'anno, San Silvestro
È il primo Papa di una Chiesa non più minacciata dalle terribili persecuzioni dei primi secoli. Nell’anno 313, infatti, gli imperatori Costantino e Licinio hanno dato piena libertà di culto ai cristiani, essendo Papa l’africano Milziade, che è morto l’anno dopo. Gli succede il prete romano Silvestro. A lui Costantino dona come residenza il palazzo del Laterano, affiancato più tardi dalla basilica di San Giovanni, e costruisce la prima basilica di San Pietro.
In pace con l’autorità civile, ma non tra di loro: così sono i cristiani del tempo. Il lungo pontificato di Silvestro (ben 21 anni) è infatti tribolato dalle controversie disciplinari e teologiche, e l’autorità ordinaria della Chiesa di Roma su tutte le altre Chiese, diffuse ormai intorno all’intero Mediterraneo, non è ancora compiutamente precisata.
Costantino, poi, interviene nelle controversie religiose (o i vescovi e i fedeli lo fanno intervenire) non tanto per “abbassare” Silvestro, ma piuttosto per dare tranquillità all’Impero. (Tanto più che lui non è cristiano, all’epoca; e infondata è la voce secondo cui l’avrebbe battezzato Silvestro).
Costantino indice nel 314 il Concilio occidentale di Arles, in Gallia, sulla questione donatista (i comportamenti dei cristiani durante le persecuzione di Diocleziano). E sempre lui, nel 325, indice il primo Concilio ecumenico a Nicea, dove si approva il Credo che contro le dottrine di Ario riafferma la divinità di Gesù Cristo («Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre»).
Papa Silvestro non ha alcun modo di intervenire nei dibattiti: gli vengono solo comunicate, con solennità e rispetto, le decisioni prese. E, insomma, ci appare sbiadito, non per colpa sua (e nemmeno tutta di Costantino); è come schiacciato dagli avvenimenti. Ma pure deve aver colpito i suoi contemporanei, meglio informati di noi: tant’è che, appena morto, viene subito onorato pubblicamente come “Confessore”. Anzi, è tra i primi a ricevere questo titolo, attribuito dal IV secolo in poi a chi, pur senza martirio, ha trascorso una vita sacrificata a Cristo.
Silvestro è un Papa anche sfortunato con la storia, e senza sua colpa: per alcuni secoli, infatti, è stato creduto autentico un documento, detto “donazione costantiniana”, con cui l’imperatore donava a Silvestro e ai suoi successori la città di Roma e alcune province italiane; un documento già dubbio nel X secolo e riconosciuto del tutto falso nel XV.
Un anno dopo la sua morte, a papa Silvestro era già dedicata una festa al 31dicembre; mentre in Oriente lo si ricorda il 2 gennaio. (fonte www.santiebeati.it)
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martedì 24 dicembre 2013
Buon Natale....musicale....
Con il brano PER TUTTI VERRA', del coro Le Verdi Note dell'Antoniano di Bologna, auguro a tutti un sereno Natale.
mercoledì 4 dicembre 2013
La condivisione è di strada
A Bologna è nata la prima social Street d'Italia: gli abitanti di via Fondazza, diventati amici su Facebook, si aiutano nella realtà, scambiandosi oggetti e favori. Un esempio seguito già in altre 22 zone cittadine. Per saperne di più vai al link: www.socialstreet.it
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