lunedì 18 agosto 2014

La perla, il corallo e il desiderio della bellezza

La cosiddetta Pala di Brera di Piero della Francesca doveva essere più grande dell’attuale, forse il doppio. Tant’è che la conchiglia che orna il catino absidale del dipinto doveva trovarsi al centro dell’opera. La conchiglia veniva così a rappresentare una sorta di nodo mistico tra Cielo e terra, quel nodo mistico che, in fondo, fu la Madonna stessa, creatura capace di generare il suo Creatore.

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La pala celebra una serie di avvenimenti accaduti nella travagliata vita di Federico da Montefeltro attorno all’anno 1472: la nascita dell’erede, Guidobaldo, dopo sei figlie femmine; la morte della Moglie Battista Sforza; la conquista di Volterra. La Vergine e il Bambino rappresentano, infatti, la moglie e il figlio di Federico. L’abside monumentale riprende i disegni di Leon Battista Alberti e nella nicchia, oltre alla conchiglia, sorprende l’oggetto appeso a una catena che molti identificano con un uovo di struzzo. In realtà, nonostante la forma ovale dovuta allo scorcio prospettico, sembra trattarsi di una perla. La conchiglia, o meglio, la Pecten maximus, con la sua perfezione geometria ha affascinato l’uomo fin dall’antichità.

La mitologia greca vuole Venere, dea della bellezza, nata da una conchiglia. Famosa è l’opera di Sandro Botticelli, dove il tema della nascita di Venere è rivisitato dall’artista alla luce del Battesimo. Botticelli racconta, attraverso il recupero dei miti dell’antichità classica, la bellezza innocente dell’anima rinata dalle acque. La forza prorompente del mare, il vento, i giunchi, esili come i capelli di Venere, e la ninfa Ora con la ghirlanda di mirto, simbolo dell’amore perpetuo, sono elementi dal duplice riferimento, cristiano e pagano. Così le rose e la conchiglia se da un lato rimandano alla nascita di Venere, dall’altro sono anche simboli allusivi alla Vergine Maria.


Allo stesso modo Piero della Francesca sembra evocare Efrem il Siro che, nel suo De margarita, associa il simbolo della conchiglia alla Madre di Dio. Nel IV secolo, infatti, si pensava che la conchiglia producesse la perla senza la fecondazione maschile. In realtà la formazione della perla avviene dopo che un granello di sabbia, penetrato nell’alveo della conchiglia, scatena un processo, potremmo dire immunitario, per cui l’ostrica riveste l’intruso di madre perla, dando origine al prezioso gioiello. Ancora di più quindi il simbolo diviene allusivo dell’Incarnazione: anche il Verbo assunse la nostra carne rivestendola, con la sua passione e morte, di immortalità e di grazia.

 
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Se una perla scende a piombo sul capo della Madonna, che ha il volto della moglie defunta, annunciando la risurrezione, un corallo pende al collo di Cristo, che sta come morto fra le braccia della madre. Al corallo si attribuivano proprietà curative ed era perciò considerato un simbolo apotropaico. Sono proprio questi simboli marini a riportarci al mistero della nostra esistenza e a quell’insopprimibile desiderio di verginità e bellezza che in tutte le culture, a dispetto di certa propaganda attuale, sono congiunte eternità e purezza e, dunque, all’anelito di raggiungere Dio.
 
Le immagini  Piero della Francesca (c. 1415 –1492) Pala di Brera 1472-1474 Tempera su panello 248 cm × 150 cm Pinacoteca di Brera, Milano
 
Sandro Botticelli Nascita di Venere 1482–1485 circa tempera su tela 172 cm × 278 cm
Galleria degli Uffizi, Firenze

Da Avvenire, rubrica Dentro la Bellezza
 

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