giovedì 2 ottobre 2014

Pace e bellezza nel segno della Sacra famiglia

Sta contro l’albero secco, che divide in due la scena, l’angelo musicante del Riposo durante la fuga, di Caravaggio. È un angelo musicante, sensuale, com’è sensuale il Cantico dei Cantici, ambiente simbolico del dipinto.

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Ci sentiamo attirati dall’occhio profondissimo dell’asino che sta dietro san Giuseppe il cui sguardo estatico è fisso verso il musico. Da qui comincia il percorso che l'artista ci obbliga a seguire, dal volto mesto di Giuseppe che, stanco del viaggio, strofina un piede contro l'altro per riprendere forza e calore. La meta del viaggio è indicata dallo spartito minuziosamente vergato, un versetto del Cantico musicato dal compositore fiammingo Noel Bauldewijn: Quam pulchra es, et quam decora, carissima, in deliciis! La meta è, dunque, la bellezza immacolata della santità che l'unione con Cristo assicura. Giuseppe è segno dell’umanità sopra la quale grava il peso dei peccati, come sopra l'asino grava la soma, ma che desidera raggiungere la pace perfetta incarnata dalla Vergine che culla il Figlio dormiente. È lei l'oggetto dei versi della Cantica; lei, col Figlio suo, è la meta del viaggio, la vera pace cui tutti anelano. Il quadretto famigliare doveva riportare Caravaggio a ricordi della sua infanzia, come il paesaggio lombardo, l’unico dell’artista, che sprofonda all'orizzonte. I genitori di Caravaggio si chiamavano tra l’altro, Fermo e Lucia, come i futuri Promessi Sposi nella prima versione del Manzoni. Di recente questo dipinto è stato goffamente interpretato, travisandolo, in nome di certe tendenze omosessuali attribuite al Merisi. Sì, l'angelo è nudo e carnale, efebico, ma la sua carne splende di madreperla e porta con sé la luce di quel Cielo donde arriva. La nostra fede coinvolge la carne dell'uomo, fino ai suoi impulsi, non per lasciarla dov’è, ma per riscattarla dalla morte e spingerla a un amore, scevro da ogni cedimento testimoniato dalla famiglia di Nazareth, che si compie in Cristo e nella sua eternità. Del resto il destino di Cristo è rappresentato dagli infiniti simboli della tela: elementi che alludono alla passione, come l'asino e la corda rotta del violino; l’immancabile tasso barbasso ai piedi della Vergine, rimando alla rinascita spirituale; il fiasco del vino, segno dell’Eucaristia; fino al balenio luminoso del lenzuolo di cui è rivestito l'angelo, promessa di risurrezione. Insomma, nessuna maliziosa ambiguità nell’opera, nessuna spada di Damocle sopra la famiglia, ma profondissima meditazione sulla grazia che avvolge le più grandi passioni umane capaci di cantare il divino, come il Cantico dei Cantici.

Immagini: Michelangelo Merisi da Caravaggio, Riposo durante la fuga in Egitto, 1595-1596, olio su tela 135,5 cm × 166,5 cm, Galleria Doria Pamphilj, Roma.
da Avvenire, rubrica Dentro la Bellezza

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