giovedì 30 luglio 2015

Le nostre vanità come bolle di sapone al vento

Una mistica, poco conosciuta ma di grande spessore umano e religioso, vissuta al tempo di san Giovanni Bosco e fondatrice delle Adoratrici Perpetue di Monza, Madre Serafina della Croce, un giorno ebbe una singolare visione. Mentre era in estasi, sotto lo sguardo delle consorelle che tutto annotarono diligentemente, madre Serafina prese a fare delle bolle di sapone protestando a Gesù, e a chi l’ascoltava, che tale è il nostro amore e la nostra fedeltà verso Dio e gli uomini. Certo Madre Serafina, che come Caterina da Siena era analfabeta, non poteva sapere quanto fosse in auge la bolla di sapone nell’arte. Innumerevoli opere la ritraggono suggerendo spesso significati reconditi e legati al tema della vanitas. Sì, vanità delle vanità, tutto è vanità. Tali soggetti, spesso non religiosi, mettono in guardia l’uomo dal promettersi troppo repentinamente a una vita senza valori né spessore.

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Lo fa, ad esempio, il pittore francese Charles Joshua Chaplin, maestro della più celebre Mary Cassat, ritraendo una fanciulla seduta, intenta a fare bolle di sapone. La scena evoca quello che accadde nel Convento monzese solo una quindicina d’anni prima del dipinto e, dietro all’apparente ritratto, si celano ulteriori significati. In primo piano sta anzitutto un arcolaio, rimando allusivo alla femminilità, accanto vi troviamo un fuso che, invece, ha un significato negativo, di violazione della femminilità stessa (è spesso attributo delle donne di malaffare). La ragazza, bellissima nel suo candore verginale, è in attesa del ballo che forse la prometterà al principe azzurro, ma ancora indugia nel gioco preferito della sua fanciullezza: le bolle di sapone. Quelle bolle salgono verso l’alto andando a infrangersi davanti all’ombra di una finestra proiettata sul muro, l’ombra di una croce. Il contrasto, tra la rappresentazione pittorica piena di poesia e il significato amaro, è forte: con esso il pittore vuole mettere in guardia i contemporanei di fronte alle allettanti prospettive di piaceri che, se non ben governati, sfociano nella croce. Non faccio fatica a riconoscere in questo ritratto buona parte della nostra patria che ancora si trastulla nella sua antica libertà e nell’ingenua attesa di un Principe azzurro che la tolga dai guai. Invece, come amava ripetere Madre Serafina, che visse nelle turbolenze risorgimentali: chi gioisce è l’amore, ma chi trionfa è la croce. Sì, ciò che ci salva è davvero solo la croce che, nel panorama quotidiano, rimane ahimè solo come un’ombra o come sfondo alle notizie divulgate dai mass media sui martiri cristiani.

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Un altro artista, Ignaz Stern, di origine austriaca e molto attivo in Italia, dipinse un delicato Cupido che, circondato da rose, soffia acqua saponata dentro una cannuccia, producendo meravigliose bolle trasparenti. Anche qui la dolcezza dell’amorino e la vaporosità dei fiori, s’infrangono di colpo, di fronte alla visione di un teschio sopra il quale Cupido poggia l’avambraccio destro. Il teschio è rimando a quella morte che decreta la fine di tutte le cose, anche le più belle, rendendole appunto vane. Il messaggio allora è chiaro: solo Cristo con la sua croce cambia il volto della morte e, annientandola con la risurrezione, restituisce alla bellezza delle cose terrene il suo carattere sacro e imperituro.

Immagini: Charlie Joshua Chaplin Le bolle di sapone olio su tela 1881 Collezione Privata
Ignaz Stern (detto Ignazio Stella) 1679-1748 Vanitas con Cupido Collezione Privata

da Avvenire, rubrica Dentro la Bellezza

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