Esattamente duecento anni or sono, prima della rovinosa sconfitta di Waterloo (18 giugno 1815), Napoleone aveva organizzato il suo posto di comando in un mulino di Ligny. Posto più simbolico di quello, il grande Bonaparte, non poteva scegliere. Lo documenta con grande efficacia Ernest Crofts, pittore britannico, in una tela esposta nel 1875 alla Royal Accademy of Art di Londra. L’opera suscitò grande ammirazione per la resa dell’ambiguità della situazione del Generale francese.
Sotto un minaccioso mulino sta, fiero e a cavallo, Napoleone Bonaparte mentre l’esercito si divide fra una colonna di soldati all’attacco e altri, invece, feriti e accasciati sotto il mulino. La battaglia di Ligny del 16 giugno 1815 fu vinta dalle truppe francesi ma rappresentò anche l’inizio della disfatta che si concluse a Waterloo due giorni dopo. Nella tela di Crofts le pale del mulino a vento disegnano, quasi profeticamente, la forma di una grande croce, alla sommità della quale pende un telo, quasi una bandiera bianca logora, presagio dell’imminente sconfitta. Il mulino è simbolicamente il luogo della resa dei conti, dove la vita e il tempo giungono inesorabili a pulire il grano dalla crusca. Le pale, che girano lentamente e muovono gli ingranaggi tutto macinando, sono simbolo del tempo, giudice assoluto della verità. Così anche per il grande e, apparentemente imbattibile, Imperatore giunse l'ora della verità.
Un senso analogo diede al mulino Pieter Bruegel in un'opera tornata recentemente alla ribalta per il film «I colori della passione». Una pianura estesa, del tutto simile a quella di Waterloo, vede truppe dalle giubbe rosse (gli spagnoli) soggiogare un popolo (quello delle Fiandre) fotografato nei momenti più diversi delle sue attività: lavoro, gioco, risse, vessazioni, ruberie. A fatica si scorge, nel più assoluto anonimato, Cristo che porta la croce dietro un carro, dove siedono altri due condannati, i ladroni, uno dei quali accetta di confessarsi. Solo la Madonna, san Giovanni e la Maddalena, in primo piano, indirizzano lo spettatore a una lettura religiosa del dipinto.
Domina sul panorama un mulino altissimo, più alto anche del palo della tortura, indice di uno sguardo sovrano che giudica la storia. È vero, in quel mulino, come suggerisce il film di Majeswski, c'è Dio, il grande Mugnaio apparentemente lontano dalle vicende umane, anche dalla sorte del Figlio. Ma in realtà, per Bruegel, ivi è nascosta la macina della verità e la farina buona del dono di sé che, alla lunga, vince su tutto. Del grande Impero romano che mise in croce Cristo e perseguitato i cristiani, non c'è più traccia; degli spagnoli che vollero dominare le Fiandre e delle superpotenze di un tempo, compresa quella napoleonica, non c’è più taccia. C’è traccia invece bimillenaria di Cristo e della sua Chiesa, quella vera, che come Maria, Giovanni e la Maddalena rimane in trincea nell'ora della prova. Come si volle di Cristo la morte così si vorrebbe, ancora oggi, della Chiesa la fine. Ma né l'Isis, né la dittatura del pensiero laicista con le loro aberranti idee di uomo, riusciranno a trionfare perché, sopra tutto, e sopra tutti c'è il Mulino della vita che macina solo il grano buono della verità. A dispetto delle mode paganeggianti, vecchie peraltro come il mondo, e dei nuovi seminatori di terrore, c’è la silenziosa semina della Chiesa di Cristo che continua la sua opera.
Immagini
Ernest Crofts Napoleone dirige la battaglia di Ligny dal suo posto di comando nel mulino di Naveau (Ligny)-1785 olio su tela Collezione Privata.
Pieter Bruegel (il Vecchio). Salita al Calvario (1564). Olio su tavola di grande formato(124 x 170) conservato al Kunsthistorische Museum di Vienna.
Fonte: da Avvenire, rubrica Dentro la bellezza
giovedì 25 giugno 2015
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