sabato 22 novembre 2014

Lo strapotere della finanza e l'identità europea

«Paga l'Austria» si usava dire un tempo, nel Norditalia, specie in Lombardia dove la mano dell'impero austroungarico si fece sentire pesante per parecchio tempo. «Paga l'Austria» anche per Antonio Natale, autore di questo affascinante Ratto d'Europa. Chiamato artista delle banconote per le sue originali composizioni che hanno sempre, come in filigrana, varie tipologie di denaro, Natale allude qui alla celebre narrazione mitologica. Europa, bellissima giovinetta, era al bagno con le sue amiche, Giove la vide e volendola per sé si tramutò in toro bianco. Attirate dall'immacolata innocenza del toro le fanciulle presero ad accarezzarlo ma quando Giove sentì su di se la mano di Europa, la rapì portandola al galoppo nel suo regno per prenderla in moglie.

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Nell'opera di Antonio Natale Europa è una seducente modella, femminile, ma priva della sua chioma e quindi, in certo qual modo, ermafrodita. Avanza verso di noi e si volge indietro, il suo volto è ancora ben delineato e caratterizzato, ma non così il volto del Giove di turno. Il toro bianco non ha volto e, benché si trovi sullo sfondo e un po' arretrato, è il vero dominatore della scena. Il potere non ha mai volto perché la sua prosperità si fonda esattamente sopra camaleontiche manifestazioni. Il mito greco paradossalmente, ritorna nell'Europa attuale con una precisione allarmante. Chi domina la bella Europa non si espone, arretra con un apparente distacco ma, ahimè, il suo potere ha già totalmente investito la donna che sta progressivamente perdendo la sua identità per assumere l'unica che il potere le manifesta, quella del denaro. Il corpo del toro, infatti, è totalmente rivestito di banconote, che riproducono quelle austroungariche del 1908 (cioè nell’anno dell’ennesimo rinnovo della Triplice Alleanza) e anche Europa ne è ormai totalmente rivestita.

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Anche Andrè Martins de Barros usa le banconote per denunciare una crisi economica della quale non si riescono a comprendere fino in fondo i motivi. Questa volta è il dollaro ad essere protagonista e in campo non c’è il mitologico ratto di Europa, ma la casereccia Befana con tanto di calza sul capo che tiene ben stretto il Vademecum dell’economista. Come nell’opera di Natale anche qui il volto è anonimo, sorridente e grottesco denuncia un mondo immerso nel pensiero unico dettato dagli equilibri economici.
Allo stesso modo ci ammonisce Antonio Natale prendendo a prestito, forse inconsapevolmente, la parabola del ricco Epulone: questi, benché ricco, non ha né volto né nome, mentre ha un volto preciso il povero Lazzaro. Così l'identità del popolo europeo sta per essere inghiottita dallo strapotere di una finanza di vario colore politico che, come suggeriva l'antico proverbio lombardo, pagherà tutti i nostri debiti, chiedendo però un prezzo in natura molto alto. Forse la crisi ci scuote dal torpore in cui siamo precipitati. Difendiamo la nostra cultura dall'asservimento a poteri che la distruggeranno! Meglio essere poveri e liberi che ricchi ma schiacciati da potentati prepotenti e irrispettosi.Immagini:
Antonio Natale, Il Ratto d’Europa (The Abduction of Europa), 2011, acrilico su 6 banconote originali Austro-ungariche del 1902; 38,5 x 38,5 cm.
André Martins de Barros Crise Economique, 2010; 236 x 300 cm, olio su tela Collezione Privata
 
Fonte: Da Avvenire, rubrica Dentro la bellezza

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